giovedì 2 agosto 2012
Un futuro per Taranto...
Qualche tempo fa, dopo aver visitato la città di Taranto, scrissi un articolo al riguardo. Rimasi sconcertato dalla bellezza di questa città, e da come l'uomo sia riuscita a distruggerla vergognosamente. Un conto è parlare di Taranto avendo visto le immagini in tv, un altro è parlarne dopo averla visitata di persona... Credetemi, cambia radicalmente la prospettiva delle cose (o, perlomeno, così è stato per me): nessuna ottima ripresa televisiva può trasmetterti il senso d'angoscia e di abbandono che provi una volta poggiato i piedi nella città jonica. Ciò che mi è apparso chiaro da subito è stato il fatto che a Taranto si sia compiuto un vero e proprio scempio “all'italiana” (forse il più arrogante scempio che il nostro Belpaese ricordi). Quando si parla di Taranto in tv, si parla solamente di uno stabilimento che inquina... Tutto molto generico, senza dettagli né precisazioni. Cosicchè, lo spettatore da casa si fa l'idea di un impianto che inquina (come tanti altri), vicino a una città come tante altre, in una situazione come tante altre. In realtà, gli andrebbe spiegato che l'Ilva di Taranto non è vicino, bensì dentro la città stessa (quasi la ingloba, a pochi metri com'è dalle abitazioni dei cittadini). Gli andrebbe anche spiegato che l'Ilva è solo uno dei megaimpianti disseminati intorno alla città... Oltre all'acciaieria, infatti, ci sono : una raffineria dell'Eni (praticamente attaccata all'Ilva), un cementificio, un inceneritore, e un porto industriale! Infine, per spiegargli che città meravigliosa era e sarebbe stata Taranto (e quanto folle sia stato il progetto industriale costruitogli intorno), bisognerebbe portare lo spettatore a visitarla direttamente (nessuna parola basterebbe per rendere abbastanza bene l'idea): una piccola penisola, allungata in mezzo al mare, con un centro storico mozzafiato e l'acqua tutt'intorno a farle da corona. Potremmo definirla una specie di Florida, o più semplicemente una delle più belle città del Salento (al pari, se non più, di location come Lecce, Otranto, o Gallipoli).
Oggi, finalmente, dopo decine di anni in cui tutti sapevano e nessuno faceva nulla, è arrivata la Magistratura (con il procedimento di sequestro degli impianti a caldo). E' arrivata la Magistratura, laddove tutto è fallito: lo Stato, la politica, il sindacato, la cittadinanza attiva... Tutto. L'intervento della Procura ha sbattuto in faccia a tutti la verità dei fatti. E' stata la più grande sconfitta di tutti quelli che, chi più chi meno, diceva che le cose andavano bene così com'erano: l'amministrazione comunale (la quale doveva essere in prima linea per pretendere un cambio di rotta), la giunta regionale (a rivederli oggi, fanno sorridere e incazzare gli slogan di Vendola che, pochi mesi fa, annunciava trionfante il rispetto dei limiti di emissione dell'Ilva. I limiti, a detta del presidente-poeta, sarebbero stati rispettati grazie ad una Legge regionale che obbligava l'acciaieria a rendere conto di ciò che usciva dai suoi camini... Peccato però che i controlli non fossero continuativi, e che venissero addirittura concordati con l'azienda!? D'altronde, è lo stesso Vendola che oggi, invece di ammettere di essere stato sconfitto anche lui, attacca dicendo che bisogna smetterla con il “fondamentalismo ambientalista”... Lo stesso Vendola che ha fondato un partito che si chiama “Sinistra, ECOLOGIA e Libertà”!? Mi viene da pensare che, forse, stare troppo seduto sulle poltrone del “potere”, gli ha fatto scordare il significato più autentico della parola “ecologia”), e tutte quelle istituzioni pubbliche che avevano il compito di tutelare la salute pubblica.
Oggi la Procura ha inquisito, e posto agli arresti domiciliari, i dirigenti e il Patron dell'Ilva. Benissimo. Mi piacerebbe, però, vedere inquisiti e sbattuti in galera anche tutti quei dirigenti pubblici che hanno permesso (con parole, opere e omissioni) che, in quarant'anni di negligenze, si arrivasse a questo punto. I privati, si sa, sono molto spesso dei mascalzoni che inseguono il profitto (a tutti i costi, e con tutti i metodi possibili)... E per questo vanno puniti, con la maggior severità possibile. Tuttavia, i privati non hanno occupato abusivamente i terreni di Taranto, costruito megaimpianti industriali, inquinato a più non posso, senza che le istituzioni pubbliche ne sapessero nulla. Ci sono stati uomini dello Stato, a più livelli (locale, regionale, e nazionale), che hanno permesso (con delibere e permessi, con accordi sottobanco, con l'omertà di chi vede e si gira dall'altra parte) che si arrivasse a questo punto. Mi piacerebbe molto che ora li si andasse a prendere uno per uno, li si sbattesse sul banco degli imputati (chiedendogli conto delle azioni che hanno compiuto in veste di amministratore pubblico), e li si punisse con la massima pena possibile (se riconosciuti colpevoli, ovviamente). Se non c'è una Legge che permette di fare quest'operazione, allora si faccia la Legge! E' venuto il momento che chi si occupa della “cosa pubblica” risponda in prima persona per ciò che commette (e permette) nella sua veste di “funzionario dello Stato”. E' grave che un privato non si occupi della salute dei cittadini, ma è ancor più grave che non se ne occupi chi ricopre il ruolo di Stato. Perciò, lo Stato deve dare l'esempio, e incominciare a punire chi sbaglia sapendo di sbagliare .
... Al di là di tutte queste valutazioni, la domanda è: ora che si fa? L'intervento della Magistratura è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Nessuno si aspettava (e men che meno sperava) accadesse qualcosa del genere... A tutti, chi più chi meno, andava bene si continuasse nell'inerzia che ha dominato fino ad ora. Il discorso che circolava, riassunto, era una cosa del genere: “ma si, d'accordo, l'Ilva inquina. Ma quale impianto non inquina? Risolvere il problema di Taranto è troppo complicato. Lasciamo tutto come sta... Son quarant'anni che va avanti così...”. E invece no. E' arrivata la Procura (ripeto, l'unica istituzione pubblica che ha “voluto” e “dovuto” intervenire) a dire che così non va bene per niente. La classica figura del guastafeste, insomma. Gli operai sono, come ovvio, preoccupati di perdere il posto di lavoro. Taranto è diventato anche l'emblema della presenza, e qualche volta dello scontro, fra due anime storiche della Sinistra: la Sinistra ambientalista, e la Sinistra operaia. La prima mette al centro, prima di ogni altra cosa, la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini. La seconda, pur criticandone alcuni meccanismi, ha necessariamente bisogno che il modello industriale continui (e, possibilmente, si sviluppi). Inutile dire che, personalmente, parteggio per la prima. E' comprensibile (e assolutamente giustificata) la paura degli operai di perdere il lavoro. Tuttavia, gli consiglierei di vedere la Magistratura come un'amica, non come un ostacolo. La Procura è l'unico soggetto a cui, al momento, interessa difendere la loro salute (tutti, sebbene a parole dicano l'opposto, se ne fregano di chi lavora in quella fabbrica). Il paradosso è che, davanti ad un impianto che inquina, e davanti ad un soggetto che vuol fermarlo per tutelare la salute di chi ci lavora, lo stesso lavoratore debba invece chiedere di continuare a farlo funzionare. E' ovvio che gli operai chiedano ciò perchè non possono permettersi di restare senza lavoro. Permettetemi, però, di sottolineare che è davvero un paradosso un sistema che spinge gli operai a comportarsi in tal modo!? A tal proposito, ho letto in questi giorni un azzeccatissimo commento... Diceva: gli operai di Taranto preferiscono l'inquinamento, perchè il cancro è possibile, mentre la fame è certa! Amara verità...
Dicevamo: ora che si fa? Innanzitutto, i limiti d'emissione vanno messi a posto e l'area va bonificata (anche se non capisco bene cosa s'intenda per bonificare... Taranto è tutta da bonificare!?). Il problema è che il signor Riva (patron dell'Ilva) ha già detto, molto candidamente, che lui i soldi per bonificare l'area non ce li mette. Perciò, il Governo si prepara a stanziare vagonate di soldi per rimediare i danni provocati dall'impianto (si, d'accordo, i danni fuori dall'acciaieria... Però quei danni li ha pur sempre fatti l'Ilva, no?). Questo è lo splendido sistema liberista: il privato può fare quello che vuole, lo Stato non deve interferire in alcun modo (bisogna lasciare spazio illimitato al mercato per autoregolarsi!)... Quando però poi il privato combina danni, allora a dover pagare è lo Stato!? Wow. Fantastico. Applausi… A voi sembra logico? A me no, per niente. Il pubblico non deve versare nemmeno un euro per sistemare i danni provocati dall'Ilva. Se è lo Stato a dover pagare, allora si nazionalizzi l'impianto. Questa è un'altra bella regolina che andrebbe scritta sottoforma di Legge: quando una società privata fallisce (perchè gestita male), o quando si rende responsabile di danni verso l'intera comunità, va nazionalizzata (con i beni privati dei responsabili sequestrati... come si fa con i mafiosi!). A me va benissimo che esistano un pubblico e un privato, a patto che i soldi pubblici restino nel pubblico. Un privato non darebbe mai un euro per sistemare un danno provocato dallo Stato... Perchè non deve valere lo stesso principio, anche al contrario? Si nazionalizzi l'Ilva, prima di ogni altra cosa (d'altronde già lo era, prima di essere “regalata” ai signori Riva), e poi si decida cosa fare. Tutti concordano sul fatto che l'acciaieria debba continuare a funzionare. Poche sono le voci che sostengono vada chiusa. Io sono fra quelle voci. Il motivo principale che apportano alla discussione è che da lavoro a 15 000 persone, da più di quarant'anni, e che chiuderla sarebbe una tragedia. E' vero. Hanno ragione. Chiudere l'Ilva, oggi, sarebbe un'operazione molto complicata. L'Ilva non andava costruita li, con quelle modalità (pensate che sono stati abbattuti 20 000 alberi d'olivo e più di 100 masserie per lasciar posto a questo ecomostro). Tuttavia, mi pongo una domanda: ma in una Società in cui domina il pensiero della flessibilità a tutti i costi, è così scandaloso pensare che dopo quarant'anni una fabbrica del genere possa anche chiudere? Il ministro dell'Ambiente Clini, fido paggetto del signor Monti (quello che dice che un lavoro per tutta la vita è monotono!), si prodiga nel sostenere che l'Ilva debba continuare ad esistere. Ma come... Volete la flexsecurity (flessibilità sempre e comunque) per tutti, tranne che per i megaimpianti industriali? Il discorso che fanno è: l'Ilva, seppur inquinando, ha garantito benessere e ricchezza ai tarantini per quarant'anni... Chiuderla oggi sarebbe un disastro ancora peggiore. E' un pò come se davanti ad un boss mafioso, pronto per essere arrestato, si dicesse: si d'accordo, è un mafioso, ma ha garantito posti di lavoro per quarant'anni. Lasciamolo libero. Lasciamogli continuare a fare il mafioso. E' meglio per tutti... Vi pare sensato?
Io dico: Taranto ha funzionato (per modo di dire...) per quarant'anni, è stato un polo d'eccellenza nella produzione industriale, ha sacrificato morti e ambiente per l'Italia. Ok? Va bene, facciamo finta che sia andata bene così... Adesso basta. Taranto, dopo quarant'anni, ha diritto a vedere un futuro diverso, un'economia diversa, una prospettiva diversa. Taranto ha diritto a smetterla di contare i morti, i bambini malati, le tombe nei cimiteri (troppa gente immolata sull'altare del benessere della Nazione). Adesso basta. Certo, cambiare la faccia e l'orizzonte della città jonica è senz'altro un'impresa titanica, un cammino lungo e tortuoso. Tuttavia, noi esseri umani non siamo quelli evoluti, quelli che amano progredire, quelli che si mettono continuamente in discussione? Suvvia... Vogliamo andare a cercare l'acqua su Marte, e non siamo capaci d'immaginare un futuro diverso per Taranto?
Cosa si potrebbe fare in concreto? Innanzitutto, ai lavoratori di Taranto andrebbe garantito un reddito di cittadinanza (oltre ai classici cassa integrazione e altro). Si, lo so cosa state pensando... Ci vogliono una marea di soldi. E' vero, ci vogliono una marea di soldi. Per fare cose utili ed importanti, ci vogliono sempre tanti soldi. Incominciamo a mettere un po' di patrimoniali, ad azzerare le spese militari, a togliere TUTTI i finanziamenti pubblici a giornali e partiti, e vedrete che qualcosa comincia ad uscire. Quegli stessi operai andrebbero poi rimpiegati nei lavori di bonifica degli impianti. Sul futuro dell'impianto si potrebbe pensare a lanciare una gara pubblica di acquisto di brevetti e di tecnologie all'avanguardia (in Italia ce ne sono tanti, che aspettano e non trovano sbocco), e riconvertire così l'industria di Taranto in un polo di eccellenza della produzione pulita. Un'altra idea (visto la grandezza degli impianti potrebbero coincidere entrambi) sarebbe quella di trasformare gli impianti in un polo museale. In Germania, che non hanno un decimo dei beni culturali che abbiamo noi (ma che sono aperti con la mente, e sanno far rendere fino all'osso ciò che hanno), hanno trasformato vecchie fabbriche dismesse in musei accattivanti che raccontano la produzione industriale. Quei musei oggi rendono come, se non più, di quando erano fabbriche in funzione. Se a ciò unissimo il rilancio della città come centro turistico (Taranto, per quanto è bella, potrebbe attrarre vagonate di turisti... Ovviamente, andrebbe un pò sistemata! C'è un centro storico, ad esempio, davvero mozzafiato... Peccato stia letteralmente cadendo in pezzi!?), si potrebbe innescare un meccanismo davvero virtuoso. Una volta bonificata, potrebbero essere rilanciati anche altri settori strategici: la pesca, l'agricoltura, la pastorizia (oltre a nuovi possibili campi su cui dirigersi), eccetera. Certo, tutto questo è lungo, dispendioso, faticoso (bonificare Taranto oggi, dopo quarant'anni, può risultare talmente difficile da sembrare quasi inutile). E' sicuramente molto più semplice lasciare tutto com'è, illudersi di mettere sotto controllo le emissioni dell'Ilva, continuare a far morire la gente di cancro (perchè, per quanto tu possa regolarla, l'acciaieria continuerà a produrre morti. In nessun paese del Mondo, se non in Cina forse, si costruirebbe un'acciaieria dentro una città!?). E' indubbio che su Taranto occorre fare un investimento, di futuro e di civiltà. Quale investimento, all'inizio, non è dispendioso? La finanza fallirebbe, se abbandonasse il principio del rischio nell'investimento. E' proprio questa parola che manca nel vocabolario del nostro Paese: “investimento” (etico, moderno e intelligente). La parola “investimento” è ciò che potrebbe dare un rilancio al nostro Paese. In Italia si è sempre pensato alla comodità del momento, alla scorciatoia più semplice e meno dispendiosa. Mi sarei aspettato dal signor Monti (persona certamente molto intelligente), che cita De Gasperi (“Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”), un'indicazione di rotta nel seguire investimenti redditizi ed innovativi . Invece niente. Nada de nada. Il signor Monti, il grande economista, è stato solamente capace di mettere le mani nelle tasche dei soliti noti poveracci (anche qui... Via comoda e veloce). Nessuna patrimoniale. Nessuna spinta all'innovazione tecnologica. Anzi... Ha semmai consentito al banchiere Passera di togliere i finanziamenti alle rinnovabili, per lasciar posto alle trivellazioni nell'Adriatico!? Ottimo, no?
In conclusione... Mi auguro si riesca ad immaginare un futuro diverso per Taranto, come per tutto il Paese. Un futuro in cui si abbia il coraggio di osare, di uscire dal comodo seminato. Un futuro in cui si prendano i soldi dove si devono prendere (senza più reticenze o imbarazzo alcuno), e si mettano dove servono davvero. Un futuro intelligente, etico e pulito. Un futuro, insomma.
Me lo auguro con tutto il Cuore, anche se (ahimè) ne dubito davvero.
Un abbraccio a tutti,
Anima Blu
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1 commento:
Grazie per questi suggerimenti!Davvero stimolanti. Ci aiutano a ravvivare la speranza che ci potrebbe essere una via d'uscita per Taranto.Mentre i signori della politica usano l'Ilva per i loro scopi elettorali mistificando la realtà fino a renderla fenomeno televisivo .Fabrizio Miglietta
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