Nemmeno
un anno fa, a gennaio, scrissi l’articolo “Le radici del Male”
(potete rileggerlo qui:
http://animabluartista.blogspot.it/2015/01/le-radici-del-male.html
). Le parole ed i pensieri di allora scaturirono, impetuosi, dopo
l’attentato alla rivista “Charlie Hebdo” e al supermercato
Kosher a Parigi.
Quell’articolo
si apriva dicendo così: “Questo 2015 è cominciato, davvero, nel
peggiore dei modi”. Ora possiamo dire: “E’ cominciato male, e
sta finendo ancora peggio”. Infatti, credo che quasi nessuno
avrebbe immaginato che, nemmeno dopo un anno, sarebbe accaduto di
nuovo tutto quanto: stesso posto, stessa matrice, molto più
amplificato (è proprio vero che la realtà, certe volte, supera la
fantasia).
In
queste settimane, mi sono frullati mille e più
pensieri/considerazioni diversi in testa (a volte, anche con
sentimenti contrastanti fra loro). Proverò ad esporveli nella
maniera più chiara possibile. Prima d’iniziare, però, vorrei fare
una precisazione: ciò che penso non è, nemmeno per me, verità e/o
certezza assoluta. Siamo in un periodo storico unico, con dinamiche
talmente sconosciute e particolari, che possiamo definirci soltanto
“persone che camminano, bendate, in un ambiente buio”. Per questo
motivo, credo che qualunque idea possa avere un senso solo se
considerata come “ipotesi”. In questo periodo, c’è la corsa a
chi ha la soluzione e la risposta giusta per tutto. Ecco, io
preferisco fare subito “outing”: non ho certezze alcune, né
risposte definitive. Pertanto, prendete ogni cosa che dirò “con
beneficio d’inventario”... Esattamente come faccio io.
Dunque…
Il primo pensiero, immediato, che ho fatto è stato: di nuovo a
Parigi!? Come dicevo prima, credo che quasi nessuno avrebbe
immaginato potesse accadere di nuovo – in così breve tempo - ciò
che era già capitato solo qualche mese addietro. Tutto, inoltre, si
è ripetuto con dinamiche ed esiti molto più gravi. Permettetemi di
dire che è naturale venga da pensare: come diavolo lavorano i
servizi d’Intelligence francesi? In teoria, dopo quanto accaduto a
gennaio, gli 007 d’oltralpe avrebbero dovuto stare con occhi ed
orecchie spalancati. Invece, a quanto pare, gli è sfuggito qualcosa
di molto serio da sotto il naso. Per carità, non sono un esperto in
materia… Magari è anche “fisiologico”, passatemi il termine,
che non si possa tenere esattamente “tutto sotto controllo”.
Tuttavia, fossi un francese sarei un tantino incazzato dopo quello
che è successo. Personalmente, mi sarei aspettato che “saltasse
qualche testa” (sì, lo so… Non è una definizione
particolarmente “felice”, di questi tempi). Invece, a quanto
pare, niente.
Il
secondo pensiero è stato: di nuovo a Parigi? Come mai, cioè, viene
presa così di mira la Francia? Voglio dire: l’Isis, o Daesh
(personalmente, credo sia preferibile chiamarlo con questo secondo
nome. Con il termine Isis, infatti, gli si attribuisce una veste che
non deve avere – quella di Stato – e lo si associa direttamente
all’Islam – proprio ciò che, a mio avviso, non bisogna fare),
minaccia quasi tutti i Paesi europei… Perché, però, i suoi
attentati riescono a concretizzarsi solo in Francia (fino ad ora,
perlomeno)? E’ solo una questione di qualità di lavoro
dell’Intelligence (se così fosse, significherebbe che quella dei
nostri “cugini” è davvero la peggiore di tutta Europa), o ci
sono dinamiche interne al Paese che gli altri Stati non hanno (o che
hanno, ma in misura molto minore)? In Francia ci sono, circa, 6
milioni di musulmani… Mi domando: c’è qualcosa di serio che non
funziona, nel loro modo d’integrare gli stranieri? In teoria, il
modello della “laicità totale” dovrebbe essere il migliore per
evitare radicalizzazioni di qualsivoglia genere… Tuttavia, così
non pare essere. Lancio una provocazione: se, invece, fosse anche
quel modello di Società a creare lacune e zone grigie?
Personalmente, pur essendo agnostico, credo in uno Stato in cui non
si escludono le religioni… Al contrario, penso che le Fedi vadano
tutte rispettate ed integrate fra loro. Banalizzando la questione: io
non sono per togliere i crocifissi dalle scuole… Al contrario, sono
per aggiungerci la Mezzaluna islamica, l’immagine di Buddha,
eccetera!
Tutto
ciò, naturalmente, non può e non deve essere una qualsivoglia
giustificazione per nessuno. La violenza, nel momento in cui diventa
tale, è sempre e comunque sbagliata. Tuttavia, come scrissi nel
primo articolo “Le radici del male”, credo sia fondamentale
capire le motivazioni profonde che portano ragazzi nati e cresciuti
qui ad abbracciare idee folli di persone con cui, in teoria, non
dovrebbero avere nulla a che fare (se non le antiche origini). Personalmente, di tutta la questione complessa che ci troviamo di
fronte, ciò che mi sconvolge di più è il fatto che ragazzi poco
più ventenni – occidentali – decidano d’immolarsi sull’altare
di un ideale così distorto e malato. Ciò su cui pochi stanno
riflettendo, in questo periodo, è che il dramma che stiamo vivendo
è, prima di ogni altra cosa, una QUESTIONE GENERAZIONALE.
L’intensificarsi delle azioni criminali del Daesh in Occidente (e
non solo), infatti, sta avvenendo grazie al contributo fondamentale
di una generazione appena cresciuta… Una generazione che, solo
pochi anni fa, era ancora troppo piccola per poter fare alcunché.
Una generazione senza la quale, forse, non staremmo vivendo gran
parte delle cose terribili che vediamo. Tutto ciò, a parer mio, è
sconvolgente ed inconcepibile…
In
queste settimane, mi sono chiesto incessantemente: cosa può scattare
nella testa di un giovane uomo o donna, con l’intera Esistenza
davanti ed infinite possibilità di realizzarsi come persona (in
quanto Occidentale), per decidere di porre fine alla propria Vita in
questo modo? Tutto ciò ce lo si potrebbe aspettare da gente matura,
quarantenni o cinquantenni, nati in altre Realtà e mai
effettivamente integrati nei nuovi Paesi… Gente che, magari, ha
visto la guerra e le “nefandezze occidentali” perpetrate nelle
proprie Terre… Gente che serba odio e rancore, che pensa di aver
vissuto abbastanza per potersi “immolare” nel nome di un “Amore”
perverso. Invece niente. Quelle generazioni, a parte qualche attività
d'indottrinamento, non fanno assolutamente nulla. I ventenni, invece,
si fanno saltare per aria. Si ammazzano.
Sì,
credo che la parola fondamentale sia questa: ammazzarsi. Infatti, se
andiamo alla radice della questione, se togliamo tutte le
sovrastrutture di pensiero (ideali sballati, religione, eccetera),
ciò che ci troviamo di fronte è una cosa sola: suicidi. Certo, mi
potreste rispondere che non è esattamente la stessa cosa: se ti
uccidi, ammazzi solo te stesso… Non provochi altre morti. Tuttavia,
in questo momento, non sto parlando dell’aspetto “sociale”
della questione. Sto cercando di mettermi, per quanto possa apparire
uno sforzo stupido, nella testa di un ragazzo che sta per farsi
saltare in aria… Credo che, alla fine di tutto, nel momento in cui
stai per togliere le sicure alla tua cintura esplosiva, tu non possa
fare altro conto se non con il fatto che ti stai togliendo la Vita.
In quel momento, non esistono religioni o altre stronzate. In quel
momento, ci sei solo tu che fai i conti con te stesso e con la tua
Esistenza. Infatti, a supporto di ciò, pare che uno dei giovani del
commando di Parigi (Abdeslam Salah) abbia avuto un ripensamento
dell’ultimo minuto e sia fuggito.
Ecco…
Il punto su cui psicologi e sociologi, a mio avviso, dovrebbero
passare i prossimi anni a studiare e riflettere è proprio questo:
cosa spinge un ventenne ad arrivare fino in quel punto preciso, per
poi addirittura superarlo? Personalmente, naturalmente, non ho una
risposta. Tuttavia, rilevo che il profilo che emerge di questi
ragazzi è sempre lo stesso: persone nate e cresciute qui (a dispetto
di continua a puntare il dito, consapevolmente in errore, contro
l’immigrazione di questi ultimi mesi), spesso con caratteristiche
di soggetti “borderline”. L’aspetto interessante è anche che,
quasi sempre, sono giovani lontani da un’educazione islamica
integralista… Perlomeno, fino ad un certo punto della loro Vita. La
ragazza della cellula (Hasna Aitboulahcen), ad esempio, veniva
definita dagli amici “cowgirl”: fumava, beveva, e indossava abiti
occidentali (compreso il cappello da cowboy… Da qui il soprannome).
Su Salah, il fuggitivo, si dice addirittura frequentasse locali gay e
facesse uso di sostanze stupefacenti. Insomma, gente non
particolarmente religiosa o credente. A vederla così (ribadisco:
siamo sempre nel campo delle ipotesi) parrebbe che l’ideologia
estremista subentri solo ad un certo punto, come unico sbocco e
miccia scatenante di un odio a lungo covato e represso (… odio
verso l’Occidente, in cui sono stati allevati e cresciuti?).
La
prima risposta che verrebbe da dare è che, pur essendo persone nate
e cresciute qui, sono ragazzi mai effettivamente integrati.
Sicuramente non si tratta di una risposta sufficiente per
giustificare tutti quei morti (non tutti i giovani che hanno problemi
esistenziali si danno alle stragi. Tuttavia rilevo che, facendo le
giuste e dovute differenze, anche i nostri giovani stanno vivendo un
dramma profondo e molto grave all’interno delle loro generazioni.
Seppure i media e la Società non amino raccontarlo, sono convinto
che anche nei “nostri” ragazzi sia in atto una sorta di “suicidio
di massa silenzioso”). Una riflessione, però, la si potrebbe fare
sul tema dell’integrazione “emotiva” (passaggio ancora più
stretto e profondo rispetto alla più semplice integrazione
“sociale”). Magari non c’entrerà nulla con il fenomeno a cui
mi sto riferendo… Tuttavia, credo che metterla in pratica potrebbe
portare solo risultati positivi.
Mi
spiego meglio… La nostra Società occidentale, volente o nolente,
è ormai diventata multietnica e multiculturale. Nei fatti di tutti i
giorni è così. Nel modo di essere e di pensare, però, pare non
essersene ancora resa pienamente conto. Continuiamo a comportarci
come se fossimo tutti bianchi ed europei. E’ l’esatto opposto
rispetto a chi teorizza la fantomatica “sottomissione”
dell’Occidente, nei confronti delle cosiddette “popolazioni
ospiti” (in primis la buon’anima di Oriana Fallaci, a cui mi
perdonerete se continuo a preferire un certo Tiziano Terzani). Il
punto è che noi non siamo in grado di provare “empatia” con chi
vive presso di noi… Non riusciamo a sentirci tutti un unico grande
popolo, un’unica grande Comunità costituita da mille diversità
(ciò che, ripeto, è già nei fatti). Certo, non riescono a farlo
nemmeno gli stranieri verso di noi… Come tutte le diversità e
minoranze, tendono a ghettizzarsi ed autoescludersi. Tuttavia,
“toccherebbe farlo a noi per primi... In quanto, passatemi il
termine, siamo i “padroni di casa”. Attenzione, però: non si
tratta di togliere i crocifissi, non fare il presepe, o annullare la
nostra identità per non offendere la sensibilità altrui (fatto
salvo che siamo, e dobbiamo essere, uno Stato laico). Al contrario…
Si tratta di “aggiungere”, a ciò che noi già siamo, il rispetto
e la conoscenza dei pensieri e delle tradizioni di chi vive accanto a
noi!
Faccio
un esempio: nei giorni scorsi, alcuni ragazzi di origine islamica si
sono rifiutati di osservare il minuto di silenzio per le vittime di
Parigi… La loro motivazione è stata: facciamo minuti di silenzio
per cento morti francesi, e non per le migliaia di persone che
muoiono negli altri Paesi (spesso per causa, se non addirittura per
mano, dell’Occidente)! Beh...
Permettetemi di dire che, dal loro
punto di vista, hanno ragione da vendere. Io stesso, ad esempio, mi
domando perché migliaia di morti affogati nel nostro mare (uccisi
dall’ingiustizia e dall’indifferenza) non abbiano diritto nemmeno
ad un millesimo dell’attenzione che si riserva ad altri caduti in
terra europea. Certo, sono cosciente del fatto che sia “naturale"
provare più dolore e sdegno per l'uccisione di 100 francesi che di
migliaia di altre persone sparse per il Mondo (del resto, se muore
mio padre soffro certamente di più che se muore il mio vicino di
casa…). Tuttavia, per chi ha origini etniche diverse (e non solo
per loro) questo "doppiopesismo" può apparire
inconcepibile ed ingiusto. Badiamo bene che non è questione di poco
conto: certi "dettagli" (che poi tali non sono), se uniti
ad altri fattori, possono avere un ruolo determinante nella
"radicalizzazione" di certe persone.
Questo,
naturalmente, non giustifica (e forse nemmeno spiega) le azioni
terroristiche di chicchessia. Tuttavia, non sarebbe sbagliato
iniziare a mettere in pratica un'integrazione reciproca effettiva:
sia sociale (ad es.: diritto di voto per chi paga le tasse nel Paese
in cui vive), che emotiva. Soprattutto emotiva. Dobbiamo imparare, a
partire dalla scuola e dalle nuove generazioni, a provare “empatia
reciproca” per il dolore e per le gioie dell’Altro.
(Continua…)