sabato 11 agosto 2012
La lezione di Oscar (e altri piccoli aneddoti sulle Olimpiadi)
Nel marasma di cattive notizie che ci circondano, ce n'è stata una bellissima (passata sotto silenzio, o quasi): la partecipazione di Oscar Pistorius alle Olimpiadi. Mi sono davvero stupito di quanto poco se ne sia parlato... Diamine, ciò che è riuscito a compiere questo ragazzone sudafricano è stata un'impresa davvero STORICA! L'importanza della partecipazione di Pistorius alle Olimpiadi non sta tanto nel riconoscere le incredibili qualità (nonché la straordinaria forza di volontà) di questo atleta (tutte cose che, a mio avviso, dovrebbero essere ormai ampiamente scontate). Non importa nemmeno se abbia vinto o meno. La straordinarietà dell'impresa sta proprio nel significato etico che trasmette. Oscar, con il suo gesto, è riuscito a rompere quel “tetto di cristallo” (per utilizzare un termine riferito ad un'altra forma di discriminazione, ossia quella delle donne sul lavoro) che divideva i “normodotati” dai “diversamente abili”. La sua azione “eclatante” cambia (o perlomeno dovrebbe cambiare) il modo di vedere e di concepire la disabilità. L'idea che una persona amputata possa, con due protesi, correre insieme a tutti gli altri atleti “normodotati” è un qualcosa di talmente banale e, allo stesso tempo, talmente RIVOLUZIONARIO, da mettere i brividi. Fin da piccolo, e ancor di più crescendo e iniziando a lavorare nel mondo dell'arte, mi sono accorto di quanta netta divisione ci sia fra le attività dei cosiddetti “normodotati” e quelle dei “diversamente abili”: lo sport dei disabili, l'arte dei disabili, i festival dei disabili... Che palle!! Per ogni singola Realtà di Vita e di Azione degli esseri umani c'è sempre un mondo fatto per i cosiddetti “sani”, ed un altro (che gli scorre accanto, completamente parallelo) per i “diversi”. Nel mondo dell'Arte, ad esempio, ci sono due e vere proprie realtà distaccate e ben organizzate entrambe: l'Arte di tutti, e l'Arte dei disabili. Io faccio sempre l'esempio della musica “comune” e della musica “cristiana”: quest'ultima, seppure non sia conosciuta a livello generale, ha in sè un vero e proprio Mondo... Un Mondo fatto di artisti, di produttori, di organizzazione di festival/tourneè, di dischi. Insomma, una vera e propria realtà che scorre sottostante, e parallela, alla “sorella maggiore musica comune” (senza per questo mai sfiorarsi o incontrarsi). Lo stesso vale per l'arte dei disabili. Ci sono decine e decine di festival delle “abilità differenti”, di eventi celebrativi delle qualità dell'handicap, di enti che organizzano mostre di artisti disabili, e via di questo passo. Tutto, quasi sempre, parallelo e distaccato dall'Arte comune. Non c'è nulla di male, per carità. Solo mi domando: perchè deve funzionare quasi ESCLUSIVAMENTE in questo modo? Perchè la mia Arte deve interessare solo se inserita in un Festival appositamente dedicato, e non può essere inserita anche in un Festival per “tutti” (sto un po' estremizzando... Ovvio capitino anche inviti a rassegne “non specializzate”. Tuttavia, queste ultime sono nettamente la minor parte)? Una poesia, se è di valore, è tale sia che venga scritta da un poeta disabile che da un poeta normodotato. Una canzone, idem. Un quadro pure. Perchè devo considerare “colleghi”, e vengo considerato “collega”, solo da quelli che hanno un qualche tipo di menomazione come me? La trovo una cosa completamente assurda, priva di qualunque significato logico.
Oscar Pistorius, con il suo percorso, viene a dirci che questi concetti non sono assurdi solamente nel campo dell'Arte (o in altri), ma lo sono addirittura nello sport. Lo sport, per sua natura basata sul confronto e sulla prestanza fisica (nonché su una inevitabile competitività estrema), era forse l'unico ambito in cui una divisione fra “abili” e “disabili” era ancora concepibile e logica. Pistorius ci dimostra che anche li, con i giusti strumenti e con una buona dose di apertura mentale, si può competere assieme. La lezione finale è che, nel 2012, bisogna incominciare a pensare di unire insieme (tutte le volte in cui questo è possibile) mondi finora rimasti separati. E' proprio il modo di approcciarsi alla questione che deve cambiare... Bisogna iniziare a ragionare che, dinnanzi ad una situazione o a un evento, ci si deve prodigare (fin dall'inizio) per mettere dentro anche alcuni elementi di “diversità” (non ci dovrebbe nemmeno essere bisogno di ragionarci. Dovrebbe essere un meccanismo automatico!). Basta con le divisioni in compartimenti stagni. Basta con gli eventi “celebrativi” e separati. La vita intera è composta dalla “diversità”... Tutte le volte in cui è possibile, si deve onorare questo sacro principio naturale (è chiaro che per talune situazioni può non essere proprio fattibile. In quei casi ben vengano manifestazioni separate. L'importante è però averci provato, con tutti i mezzi possibili).
La bella lezione di Pistorius contrasta fortemente con il caso di doping del marciatore Alex Schwarze. Sinceramente non mi ha stupito più di tanto la coglionaggine di quest'uomo: del resto, da uno che vive fra le montagne e i pascoli e fa la pubblicità dicendo che preferisce mangiarsi i Kinder Pinguì, cosa bisognava aspettarsi (l'ho sempre pensato che era un po' un pirla, da quando la prima volta vidi quello spot)? Battute facili a parte... A me ha dato l'impressione che questo atleta altoatesino sia solamente uno dei tantissimi che si dopano (oserei dire, quasi tutti). Mi ha trasmesso la sensazione di una persona stanca, fortemente stressata dall'impegno che questa disciplina gli provocava, che ha VOLUTO farsi beccare (da come ha descritto la questione, mi sa tanto che i controlli sono delle gran pagliacciate. Credo se uno voglia farla franca non ci voglia molto... Basta qualche piccolo artifizio! Indi per cui, se tanto mi da tanto, chissà quanti si dopano senza essere scoperti!). Una cosa sola mi preoccupa fortemente: se una disciplina “secondaria” come la marcia (non me ne vogliano gli appassionati di questo sport) ti richiede tutto questo sforzo e impegno, i calciatori allora cosa fanno? Le questioni sono due: o Schwarze ha gonfiato la questione (per giustificare la sua cazzata), oppure non voglio pensare a cosa s'iniettano nelle vene i calciatori (i quali giocano la domenica, il mercoledì e quasi ogni santo giorno della settimana).
Peccato, perchè le Olimpiadi sono una bella occasione di sano confronto. Pur non essendo un appassionato di sport, non sono d'accordo con Grillo quando dice che le Olimpiadi sono il trionfo dei nazionalismi (perlomeno, non in un'accezione negativa). Le Olimpiadi credo siano un momento di sano confronto fra i vari Paesi del Mondo... Potremmo definirla quasi un'alternativa pacifica alla guerra, una sorta di combattimento ricco di competizione e privo di odio. Certo, anche questa manifestazione ha qualche bella pecca: il capitalismo con la sua invasione di marchi e di commercializzazione, il doping, la cementificazione selvaggia... Quest'ultimo punto mi sta sopratutto molto a cuore. Non è possibile che ogni volta che c'è un grande evento (tipo Olimpiadi, Mondiali, Europei, o Expo) si debba sconvolgere la faccia di una città, cementificando a più non posso. Ogni grande evento è una sorta di condono voluto e mascherato (l'avevano capito molto bene Bertolaso & Co.). A questo punto le soluzioni sono due: o si sceglie una città fissa dove svolgere sempre lo stesso evento (almeno cementifichi una volta, e morta li), oppure ci si fa andare bene le strutture che ci sono (se non sono abbastanza capienti, si allarga la manifestazione a tutte le città più importanti del Paese ospitante). Si possono organizzare grandi eventi, senza per questo dover riempire tutto con nuovi metri cubi di cemento e di asfalto. Basta ridimensionarsi un po', ed utilizzare il cervello.
Le cose basta volerle, per realizzarle. E' quello che ci ha insegnato anche Pistorius in queste Olimpiadi.
Un abbraccio a tutti,
Anima Blu
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