L'Olimpo era in subbuglio: Le dee del Fato avevano interrotto il proprio lavoro e sulla Terra il tempo si era fermato. Cloto, che tesseva lo stame della vita, e Atropo (la più anziana delle tre), che aveva il compito di reciderlo nel momento prefissato, guardavano preoccupate la sorella Lachesi che, anziché attendere alle proprie occupazioni, ovvero distribuire a ciascuno la giusta Sorte, si torceva le mani con lo sguardo perso nel vuoto. Il problema era davvero di quelli grossi; infatti Atropo, al momento di recidere il filo della vita di un omino che abitava tutto solo nei boschi, si era resa conto che in realtà il poveretto non aveva mai realmente vissuto. Semplicemente, al momento della sua nascita, distratta da quello sfacciato di Eros che le svolazzava intorno con le sue alucce dorate, Lachesi aveva dimenticato di assegnargli il suo Destino.
Ed ora, per riparare, non era rimasto che lo spazio di una notte. Gli dei erano tutti li che si guardavano l'un l'altro senza sapere come risolvere il problema (tranne Eros che aveva preferito tenersi a prudente distanza), quando si fece avanti Thànatos (la Morte) che, con il faccino innocente di fanciullo e i suoi riccioli d'oro, propose con la freddezza che gli era consueta di occuparsene subito e personalmente. Lachesi, al sentirlo, emise un gemito di disapprovazione e Thànatos si allontanò offeso ed imbronciato.
Spes (la Speranza) mormorava parole di conforto, mentre Zeus accigliato, misurava il salone a grandi passi, non lasciando presagire nulla di buono.
A quel punto Hypnos, il dio del Sonno, che si era tenuto in disparte guardando corrucciato e pensieroso la scena, decise di intervenire con una proposta che, date le circostanze, sembrò a tutti la soluzione migliore. Poiché le regole dell'Universo non consentivano ad un essere mortale di vivere più di una vita nell'arco di una sola esistenza, l'omino del bosco, immerso in un sonno intessuto con trama sottile , avrebbe vissuto nello spazio di una notte quella vita a cui aveva diritto e che gli era stata negata. E fu così che nacquero gli Oneiros, i Sogni, tessuti con l'argento delle stelle, con perle di lacrime e di rimpianto e cristalli di desiderio.
Essi, bellissimi ed evanescenti, presero dimora nel Palazzo del Silenzio, sul fiume dell'Oblio e da allora, ogni notte, fanno visita agli uomini consentendo loro di viaggiare in una dimensione irreale senza limiti di spazio e di tempo, dove è possibile realizzare desideri inconfessabili e vivere non una, ma mille vite diverse.
Oppure, chissà!? Forse questa è soltanto una favola e le cose sono andate in tutt'altra maniera...
sabato 26 luglio 2008
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