venerdì 21 novembre 2014

La sicurezza dei "diversamente abili" (e dei loro accompagnatori) nelle stazioni italiane...


Oggi vi voglio raccontare dell'ultima, ennesima, disavventura capitatami con Rfi - Rete Ferroviaria Italiana. Il motivo per cui ve la racconto non sta tanto nel denunciare il singolo episodio che mi è accaduto (su queste cose, ormai, ci ho fatto il “callo”...), ma bensì per portare all'attenzione di tutti un'ingiustizia e una possibile “situazione di grave pericolo”.

Andiamo con ordine... Sabato 8 novembre 2014 sono arrivato nella stazione di Alessandria con il treno Frecciabianca 9824 delle ore 20.43. Faccio una premessa: la stazione di Alessandria, da sempre, è sprovvista di qualsivoglia ascensore o montascale (sono in corso, da non so quanti anni, i lavori per la messa in funzione degli stessi...). Questo significa che ogni qualvolta un treno non arrivi sul primo binario (i treni a lunga percorrenza non ci arrivano praticamente mai...), la persona in carrozzina sia costretta ad attraversare le rotaie. E' l'unica soluzione. Non ce ne sono altre. L'attraversamento dei binari viene effettuato dalla persona in carrozzina, con due operatori della cooperativa dedita all'assistenza (addetti alle pulizie reimpiegati, all'occorrenza, per questo ruolo... Solo nelle città in cui c'è grande affluenza - Roma, Milano, Torino, eccetera -, e in cui fra l'altro non ci sono particolari problemi di barriere architettoniche, c'è personale dedicato esclusivamente all'assistenza disabili) più un responsabile della movimentazione ferroviaria (un “dirigente”, come viene chiamato in gergo...). Fino all'altro giorno, inoltre, ha SEMPRE attraversato con me mia moglie Cinzia.

Altra premessa: ad Alessandria ci sono arrivato e partito innumerevoli volte. Oltre ad aver vissuto nelle vicinanze per svariati anni (in Monferrato), continuo ad andarci con regolarità e frequenza (i miei genitori vivono ancora lì...). Perciò, conosco bene la situazione... Affermo, quindi, con la massima tranquillità e certezza che mia moglie (o, comunque, gli altri miei accompagnatori) hanno SEMPRE attraversato con me sui binari. Tutto questo, come dicevamo, fino all'altro giorno... Infatti, sabato 8, ho improvvisamente scoperto che l'accompagnatore non poteva più attraversare. Sono cambiate le regole, direte voi. No. Infatti, a mia precisa domanda, il responsabile della movimentazione ferroviaria (il “dirigente”...) ha affermato che la regola c'è sempre stata e ha NEGATO CATEGORICAMENTE che io possa aver mai attraversato con mia moglie. “Nessun dirigente può averle dato il permesso di passare sui binari. L'accompagnatore, infatti, non è coperto dall'assicurazione... Nella malaugurata ipotesi capiti qualcosa, io rischio il mio posto di lavoro (e così tutti gli altri miei colleghi...)”... Queste le sue parole. Peccato non fosse assolutamente vero. Ho SEMPRE attraversato con l'accompagnatore, sotto la supervisione ed il consenso di svariati “responsabili” (le stesse operatrici della cooperativa, sul momento, hanno ammesso fosse vero...).

A quel punto, di fronte alla situazione surreale che ci trovavamo di fronte, mia moglie si è rifiutata di fare il sottopassaggio e di lasciarmi da solo (a fare, oltretutto, una cosa molto pericolosa che non avevo mai fatto prima senza di lei. Di notte, per giunta...). Il dirigente, allora, ha detto di esser costretto a chiamare la Polfer – Polizia Ferroviaria. “La chiami pure... Non c'è nessun problema!”, gli abbiamo risposto noi. Così ha fatto... Dopo pochi minuti, sono arrivati tre agenti (se fosse sceso Provenzano, ci sarebbe stata meno gente...). Il maresciallo, una volta compresa la situazione, ha dato immediatamente il consenso all'attraversamento. Tutto a posto, direte voi. Per niente. Infatti, nel mentre avevamo GIA' attraversato una parte di binari, è arrivata un'altra dirigente (un “superiore”...) che urlando ha bloccato mia moglie. Tutto questo mentre ERAVAMO IN MEZZO ALLE ROTAIE. A quel punto, notando che stava per iniziare una discussione fra il maresciallo e la dirigente, ed avvertendo una forte situazione di pericolo, Cinzia è tornata indietro e ha fatto il sottopasso (dopo, naturalmente, avermi visto attraversare...). Questa la narrazione di quanto accaduto. A ciò aggiungo che, una volta giunti in stazione, il maresciallo (senza alcuna sollecitazione da parte mia) ha detto di aver assistito con i suoi occhi ai miei attraversamenti precedenti. Davanti ai due dirigenti Rfi (i quali, di fronte a lui, non hanno ribattuto nulla), ha detto: “L'ho sempre vista attraversare, con la sua accompagnatrice”.

Alla luce dei fatti accaduti, ho alcune domande che rivolgo a chi di competenza.
  1. E' normale quanto è accaduto? E' stato lecito il comportamento della dirigente che ci ha bloccato in mezzo ai binari, infischiandosene del potenziale pericolo e del consenso dato dal maresciallo della Polfer all'attraversamento? E ancora: chi comanda in una Stazione, di fronte a situazioni del genere? Perché il primo dirigente ha chiamato la Polfer per risolvere il problema, se poi la decisione della stessa non ha contato nulla?
  1. Dal momento che l'attraversamento sui binari è talmente pericoloso per l'accompagnatore (tanto da esser bloccati in mezzo agli stessi, nonostante la supervisione di ben tre agenti della Polizia), e dal momento che questa regola c'è sempre stata, cosa vogliamo fare con tutti gli altri dirigenti che ci hanno sempre fatto attraversare? A questo punto, dovrebbero essere licenziati tutti! Infatti, alla luce di quanto accaduto, e secondo quanto prospettato dagli stessi responsabili Rfi, hanno messo in serio pericolo la sicurezza e la tutela di mia moglie... Se non conoscevano la regola, è grave. Se la conoscevano, e non l'hanno fatta rispettare, è ancora più grave. Quindi, cosa vogliamo fare? Potrebbe apparire esagerato chiederne il licenziamento. Tuttavia, non è così. E' lo stesso dirigente Rfi che, sabato, ha prospettato la perdita del lavoro come possibile pena (“se la faccio attraversare, rischio il posto...”).
Queste sono le domande riguardo l'episodio specifico che mi è capitato. Poi, come sempre, ci sono le situazioni generali da cui scaturiscono i “misfatti”. In questo caso, è la “regola” che impedisce all'accompagnatore di attraversare. Domanda: esiste davvero questa norma? Se sì, è così rigida, oppure la dirigente di Alessandria ha esagerato? Permettetemi di dire che se esiste davvero, nelle forme che abbiamo conosciuto l'ultima volta, è semplicemente VERGOGNOSA. La persona in carrozzina non solo viene “umiliata” dalla totale mancanza di ascensori (costretta ad attraversare i binari, con una notevole perdita di tempo e fatica), ma viene anche “vessata” nel non poter avere accanto la propria persona di fiducia. Rete Ferroviaria Italiana (o chi per lei...) non solo non rispetta le Leggi italiane ed europee in merito all'accessibilità, ma crea anche inutili e dannosi disagi ai cittadini in difficoltà. Tutto questo, perché? Semplicemente per non estendere la copertura assicurativa anche agli accompagnatori? Sì, perché di questo si tratta. E' solo una questione di soldi, come sempre. L'aspetto incredibile è che, al momento della prenotazione, Rfi vuole sapere nome e cognome dell'accompagnatore e addirittura il “ruolo” (madre, padre, moglie, eccetera)... Ma come? Gli interessano vita/morte/miracoli di chi mi accompagna (una pratica che ho sempre trovato alquanto stupida), e poi nel momento di maggiore difficoltà e delicatezza lo caccia via?

Sì, perché questo è l'altro aspetto che mi lascia perplesso: la sicurezza del “diversamente abile” nel momento dell'attraversamento dei binari. Partendo dal principio che Alessandria non è l'unica stazione ad avere questo problema (viaggio spesso per lavoro, e ne ho viste parecchie), e che l'accompagnatore non può essere presente, chi si occupa della persona in carrozzina nell'eventualità dovesse accadere qualcosa? Si spera, naturalmente, non succeda mai nulla. Tuttavia, è un'ipotesi da prendere in considerazione. A domanda precisa, mi è stato risposto che la responsabilità è degli operatori incaricati dell'assistenza. Che dire... Immagino che, di fronte a problemi gravi (ribaltamento di una carrozzina, ecc...), si richiederebbe l'intervento di personale medico (non credo, infatti, che gli addetti alle pulizie possano essere minimamente formati per prestare una giusta assistenza “fisica” a TUTTE le forme di disabilità. Ci sono persone che, se toccate in modo errato, possono addirittura subire danni letali). Tuttavia, vivere un momento così terribile senza accanto la propria persona di fiducia, potrebbe essere psicologicamente DEVASTANTE (per un disabile, come per chiunque altro...). Le difficoltà non scomparirebbero nemmeno dinnanzi a problemi “minori” (anzi...). Come affronterebbero, ad esempio, un guasto tecnico della carrozzina elettronica? Sposterebbero la stessa di peso? Alcune sedie pesano un centinaio di chili. Per sollevare la mia, ad esempio, ci vogliono almeno tre uomini... L'altra sera erano due operatrici!? Immaginatevi tutto questo trasportato in mezzo ai binari, di notte. L'ansia, lo spavento, eccetera...

Certo... Non sarebbe facile nemmeno se ci fosse l'accompagnatore. E' indubbio, però, che una persona che ti conosce sa come muoversi. Sa come prenderti, sollevarti... Conosce la carrozzina (certamente più di due operatori che vedi da neanche cinque minuti...). Soprattutto, è fonte di tranquillità e sicurezza per tutti. Perché, allora, privarsene? Per non estendere una copertura assicurativa, o non far spostare l'arrivo di un treno sul primo binario (ove questo fosse possibile)? Forse Rfi non si rende nemmeno conto dei possibili guai in cui si caccia da sola.

Questi sono i dubbi che rivolgo all'opinione pubblica, e a chi di competenza. Mi aspetto delle risposte in merito.

Concludo dicendo che qualche avvocato (o associazione di consumatori) dovrebbe forse andare anche a controllare i contratti fra Rfi e le cooperative in appalto. Non vorrei mai che, nella malaugurata ipotesi capitasse qualcosa, cominciassero a scaricarsi le responsabilità (“sì, ma il comma dell'articolo … , del paragrafo … , prevede che....”). Si sa come funzionano le cose in Italia. Finché non succede nulla, si va tutti d'accordo nel fare cose che non si dovrebbero nemmeno pensare. Poi, appena succede qualcosa, non è mai colpa di nessuno...    

Anima Blu

venerdì 24 gennaio 2014

Nel nome della Pace...


Alcuni giorni fa, precisamente il 2 gennaio, ho partecipato ad un evento denominato “I percorsi feriali della Pace... nel nome di Don Tonino Bello” (tenutosi nel comune di San Pancrazio Salentino, in provincia di Brindisi).

In un clima sereno e familiare, si è discusso di “Pace” (nella sua più ampia ed alta definizione). Sul palco, fra momenti di riflessione e performances artistiche (tutte di pregiatissimo livello), campeggiava una grande foto di Don Tonino Bello. L'immagine sorridente del prete di Alessano (Lecce), straordinaria figura che il destino ci ha tolto troppo presto, pareva osservare e apprezzare ogni cosa.

Prima di parlare al pubblico (ero uno degli ospiti della manifestazione), mi sono scaturite in mente alcune riflessioni. La primissima, amara e dolce allo stesso tempo, è stata: quanto sarebbero andati d'accordo Papa Francesco e Don Tonino Bello... Entrambi facevano (anzi, fanno) parte di quella Chiesa “sociale”, “impegnata”, “militante”. Quella Chiesa che non resta chiusa nei conventi, o nelle astrazioni metafisiche, ma che si “sporca le mani” (il pastore che “puzza” dell'odore delle sue pecore, come ama spesso ripetere Papa Bergoglio).

Chi mi conosce bene sa che non sono né cattolico, né credente (mi piace piuttosto definirmi un libero pensatore, agnostico). Tuttavia, forse anche per le esperienze vissute con la mia famiglia (persone che hanno dedicato tutta la loro vita al Vangelo e alla Fede), voglio molto bene alla Chiesa (Chiesa intesa come “comunità di persone”). Credo che il Destino (o Dio, per chi crede) ci abbia donato una grande, straordinaria figura: Papa Francesco. Questo Pontefice, di cui scrissi già un articolo all'indomani della sua elezione (che potete rileggere qui: http://animabluartista.blogspot.it/2013/03/il-vento-del-cambiamento.html), è un grande e vero “rivoluzionario” (forse l'ultimo rimasto). Nella mia mente, lo accosto a figure come Gandhi, Che Guevara, Martin Luther King, o Nelson Mandela. Proprio dopo la morte di quest'ultimo, mi venne da ragionare sul fatto che ci sarebbe stati da essere davvero tristi se non avessimo avuto l'elezione di Bergoglio... Con la scomparsa dell'ex Presidente sudafricano, infatti, il Mondo avrebbe perso l'ultimo grande “rivoluzionario” ancora in vita (… e un Mondo senza “rivoluzionari” è un Mondo che appassisce su se stesso)! Per fortuna, è arrivato il Papa “venuto dalla fine del Mondo” (come disse Bergoglio stesso, nella sua prima apparizione pubblica), a donarci un po' di nuovo e fresco “vento rivoluzionario”. Anche Don Tonino Bello era un rivoluzionario. Purtroppo, il destino ha deciso di togliercelo davvero troppo presto. Con Bergoglio si sarebbero certamente trovati sulla stessa lunghezza d'onda. Mi piace pensare che c'è un lungo e sottile filo spirituale che lega questi due grandi uomini (oltre lo Spazio e il Tempo). Don Tonino, da lassù (o da qualunque altra realtà), sorride certamente all'operato di questo Papa.

La seconda riflessione che mi è scaturita riguardava il tema centrale del meeting, ovvero la Pace (queste considerazioni sono state poi anche il nocciolo centrale del mio intervento al pubblico). La Pace è un argomento di cui mi sono occupato spesso, anche e sopratutto attraverso la mia Arte. Ho dedicato molti quadri, poesie, canzoni, ed articoli (uno di questi lo potete rileggere qui: http://animabluartista.blogspot.it/2012/10/litalia-e-il-nuovo-mondo-senza-guerre.html) a questo tema. E' il tema dei temi. Ci sono periodi in cui se ne parla sempre... Altri, invece, in cui scompare quasi del tutto dal dibattito pubblico. In genere, l'argomento della Pace salta fuori quando c'è qualche matto (che si chiami George Bush, o Kim Jong qualcosa) che minaccia di far scoppiare una guerra. La gente, in quei casi, tira fuori dagli armadi le bandiere arcobaleno (un po' stropicciate) e scende in piazza a manifestare. E' bellissimo, intendiamoci. L'ho fatto anch'io (tante volte), e lo rifarei in mille altre occasioni. Tuttavia, mi sono spesso domandato: è davvero quella la strada per arrivare alla Pace? Basta andare a manifestare con una bandiera arcobaleno in testa, per dirsi uomini e donne di Pace? No. Ho notato infatti che, la maggior parte di quelle persone che erano alle manifestazioni (me per primo), nella Vita di tutti i giorni (quella che davvero conta), fanno/facciamo azioni che vanno nel senso opposto all'ottenimento di una vera e duratura Pace. Mi direte voi: la Pace inizia nei rapporti che si hanno con i parenti, con gli amici, o con i vicini di casa (specie se antipatici).

E' vero. Tuttavia, a mio avviso, non è ancora abbastanza. La Pace, quella più vera e più pura, inizia a formarsi nel rapporto che abbiamo con un Essere molto speciale e complicato: noi stessi. Come facciamo, infatti, ad essere in Pace con gli altri (e quindi, con il Mondo...), se prima di tutto non siamo in Pace con noi stessi? Per sapere se siamo in Pace, però, dobbiamo prima sapere chi siamo...

La conoscenza di se stessi è un aspetto che mi sta davvero molto a cuore. Insisto spesso su questo tema (anche a costo di apparire ridondante). Conoscere se stessi, infatti, è l'avventura più terribile ed emozionante che si possa fare nella Vita. Solo capendo chi si è davvero, si può essere (o cercare di essere) in Pace con tutti.

CONOSCERE e CAPIRE, ancora più di NON VIOLENZA o altri, sono i termini chiave per arrivare alla Pace. Conoscere e capire se stessi. Conoscere e capire gli altri. Conoscere e capire la Società. Anche quest'ultimo punto, a mio avviso, è molto importante.

Non serve a nulla, infatti, andare a manifestare contro la guerra, se non si capiscono (o peggio, si sostengono) i meccanismi sociali che portano a quella guerra. Tutti sono pronti a scendere in piazza per dire un NO astratto ai conflitti (è facile... Non costa nulla). Più difficile è invece capire, o peggio combattere, la Società in cui viviamo immersi. La guerra, infatti, nasce anche (e sopratutto) nei perversi ingranaggi del nostro Capitalismo. Lo spirito dell'aggressività, da cui poi scaturiscono tutti i conflitti, è figlio diretto di una Realtà in cui l'unica cosa che conta è la COMPETITIVITA' forsennata (a tutti i livelli). Se siamo bestie buttate in una gabbia, con un solo pezzo di carne al centro, finiremo inevitabilmente con l'azzuffarci. Questo, badate bene, capita tutti i giorni: sul nostro posto di lavoro, nell'accesso ai diritti che ci spettano, nel rapporto con il nostro “prossimo”.

La guerra è figlia di una Società in cui al centro di tutto c'è il DENARO (e non l'Uomo...). Mi sembra più che ovvio che se l'unica cosa che conta sono i BENI MATERIALI (o valori come APPARIRE, POSSEDERE, COMANDARE, eccetera), ci possa poi essere anche gente disposta a ribaltare il Mondo pur di averne sempre di più.

Questa Società, anche per tutti i motivi appena detti, è andata in crisi. Personalmente, non credo che ne uscirà continuando a perseguire gli stessi schemi. La strada giusta, ad esempio, non è continuare ad invocare la CRESCITA. La “crescita a tutti i costi” è un altro di quei fattori che portano alla guerra. E' un principio contro-natura (nella Vita è IMPOSSIBILE crescere sempre)... Un principio che ha già fatto parecchi danni (vedi alla voce “surriscaldamento del Pianeta”).

Insomma... Il discorso potrebbe essere ancora davvero molto lungo e complesso. Il nocciolo di ciò che penso, però, è che chi crede davvero nel principio della Pace non può non partire da una critica sana e costruttiva a questa Società. Il Papa, infatti, non perde occasione per ribadire quanto assurdo e “anti-cristiano” sia questo sistema economico.

C'è bisogno davvero di iniziare ad immaginare una Società diversa, con regole e valori diversi. Una Società con al centro l'Uomo, e il Pianeta in cui viviamo. E' l'unica strada per essere davvero certi di arrivare ad una Pace duratura.

Prima di tutto, però, bisogna partire da noi stessi (come già detto...). La prima grande, vera, rivoluzione è capirci e comprenderci. Il secondo passo è rivolgere il nostro sguardo alla Società in cui viviamo, e cambiarla con i nostri gesti quotidiani (non è vero che non possiamo fare nulla, perché troppo piccoli e insignificanti. Le nostre scelte giornaliere cambiano radicalmente la Società...).

L'invito conclusivo che faccio a tutti quanti è quello di impegnarsi, ogni giorno, nel costruire piccoli-grandi gesti di Pace...

... Nel solco degli insegnamenti d'importanti figure della Storia, come Don Tonino Bello, Papa Francesco, Gandhi (e molti altri...), possiamo davvero contribuire a cambiare il Mondo!

Un abbraccio.
Anima Blu